STANLEY GREENE

Paese: Stati Uniti
Nascita: 1949 Morte: † 2017
Web: www.noorimages.com/stanley-greene

Stanley Greene: Il Fotoreporter dell’Umanità.

Stanley Greene (Brooklyn, 14 febbraio 1949 – Parigi, 19 maggio 2017) è stato un fotoreporter statunitense, conosciuto come la “pantera nera del fotogiornalismo”, che ha dedicato la sua vita a catturare l’essenza dell’umanità. Con una carriera ricca di premi e riconoscimenti, Greene ha lasciato un’impronta indelebile nel campo del fotogiornalismo grazie al suo lavoro coraggioso e incisivo.

Già da piccolo Greene viene affascinato dal mondo dell’arte e dello spettacolo, così come dalle lotte pacifiste e rivolte per i diritti civili. Coinvolto nell’impegno politico dei suoi genitori contro il razzismo, sente l’esigenza di seguirne l’esempio, entrando così a far parte del gruppo delle Pantere nere come attivista contro la guerra del Vietnam. La sua passione per la fotografia iniziò quando ricevette la sua prima macchina fotografica all’età di undici anni. Questo regalo lo spinse a esercitarsi, e undici anni dopo fu notato dal fotografo William Eugene Smith, che lo assunse come assistente nel suo studio.

Nel 1971, incoraggiato da Smith, Greene intraprese gli studi presso la School of Visual Art di New York e il San Francisco Art Institute, con l’obiettivo di diventare fotografo. Nel 1975, la sua prima esperienza come fotoreporter lo portò a documentare la scena punk di San Francisco, raccogliendo scatti emblematici degli anni ’70 e ’80, caratterizzati da immagini di locali notturni, intimità, sigarette, vomito e droghe.

Berlino, novembre 1989 © Stanley Greene
Kisses to all, Berlin Wall, 1989 © Stanley Greene

Negli anni ’80, Greene realizzò il suo sogno di un viaggio in Europa, dedicandosi alla fotografia di sfilate di moda e conducendo una vita da bohémien. Tuttavia, nel 1989, la morte di un’amica per l’AIDS lo spinse a dedicarsi con maggiore determinazione al fotogiornalismo. Questo lo portò a Berlino, dove documentò la caduta del Muro. La sua fotografia “Kisses to all, Berlin Wall”, che ritraeva una ragazza con un tutù sul Muro che festeggiava l’evento, catturò l’entusiasmo di quel momento storico, che avrebbe avuto profonde implicazioni sulla geopolitica mondiale. Questa capacità di catturare emozioni in situazioni di grande portata divenne un tratto distintivo del suo stile fotografico.

La sua copertura dei conflitti e delle crisi umanitarie lo ha reso un nome famoso nel fotogiornalismo. Greene ha collaborato con l’agenzia fotografica VU e si è spinto in situazioni pericolose. Nel 1993, si ritrovò intrappolato da solo nella Casa Bianca di Mosca in seguito al fallimento del colpo di Stato, durante il periodo successivo a Gorbaciov. Nonostante le violenze subite, riuscì a salvarsi e a preservare i rullini fotografici per documentare l’evento. Negli anni ’90, fotografò la guerra e la carestia in Sudan e le conseguenze del disastro di Bhopal in India.

Per quasi dieci anni, fino al 2001, Greene documentò la guerra in Cecenia. Questo lavoro lo colpì profondamente e lo spinse a creare l’opera “Open Wound,” una raccolta delle immagini più significative del conflitto. Al termine di questa esperienza, Greene dichiarò: “Sono stato accusato di aver perso la mia obiettività, ma quando sei lì seduto a guardare il genocidio, senza poter fare nulla, tu sei colpevole come quelli che lo stanno commettendo”.

Grozny, Cecenia, aprile 2001 © Stanley Greene
Grozny, Cecenia, aprile 2001 © Stanley Greene

Greene seguì inoltre le iniziative di Medici senza frontiere, documentando in Ruanda e Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo) i soccorsi durante l’epidemia di colera. Documentò anche i conflitti in Bosnia, il genocidio in Ruanda nel 1994, la guerra in Iraq, Darfur, Afghanistan, Kashmir e Libano. Queste esperienze lo colpirono profondamente e aumentarono la sua sensibilità e quella dei media. Le sue immagini erano una testimonianza cruda delle atrocità di questi conflitti, ma erano anche un tributo alla forza e alla resilienza degli individui che dovevano affrontarli.

Campo profughi Sleptovsk-Sputnik, Inguscezia, Russia, giungo 2000 © Stanley Greene
Campo profughi Sleptovsk-Sputnik, Inguscezia, Russia, 06.2000 © Stanley Greene

Nel 2005, durante la devastazione dell’uragano Katrina in America, Greene tornò nel suo paese natale. Con amarezza, si rese conto che le difficoltà e il razzismo che lui stesso, ma soprattutto i suoi genitori, avevano cercato di combattere, non erano effettivamente cambiati.

Nel 2007, dopo aver contratto l’epatite in Ciad, Greene si prese una breve pausa. Nel 2013, si recò in Siria con l’intenzione di non documentare solo le azioni di guerra, ma di esplorare le radici del conflitto. Si definì “un turista dei disastri”, sottolineando la sua ossessione nel voler essere presente durante le situazioni più difficili per fotografare “le ingiustizie del mondo”.

Nel 2007, Greene insieme a Kadir van Lohuizen fondò l’agenzia Noor, con l’obiettivo di documentare lotte civili e politiche, disastri ambientali, violenze e ingiustizie, e di combattere per i diritti umani e la giustizia sociale. Il nome “Noor”, che significa “luce” in arabo, sottolinea l’obiettivo dei fotoreporter di “portare alla luce” le ingiustizie e le crudeltà, rendendole visibili a tutti. L’agenzia ha sede ad Amsterdam e include tredici fotografi provenienti da tutto il mondo.

Stanley Greene è stato un vincitore di quattro premi del World Press Photo:

  • Nel 1994, ha ottenuto il secondo premio nella categoria “People in the News” per un’immagine del vicepresidente russo Alexandr Rutskoi durante il tentativo di colpo di Stato alla Casa Bianca di Mosca.
  • Nel 2001, ha ottenuto il terzo premio nella categoria “Portraits” per una fotografia che ritrae un uomo in cerca di rifugio durante il conflitto in Cecenia.
  • Nel 2004, ha vinto il primo premio nella categoria “Daily Life” per un’immagine di una donna deceduta nella neve a Grozny, in Russia, durante la guerra in Cecenia.
  • Nel 2008, ha ottenuto il secondo premio nella categoria “General News” per uno schizzo sulla sabbia ripreso durante l’assalto al villaggio di Furawija in Darfur, in Sudan, realizzato da un sopravvissuto all’attacco di nome Asdallah Asdel Khaled.

La dedizione di Stanley Greene al fotogiornalismo e alla documentazione delle ingiustizie e delle sofferenze umane lo ha reso un difensore appassionato dei diritti umani. Credeva che le sue fotografie potessero servire da testimoni silenziosi delle ingiustizie e ispirare azioni di cambiamento. Greene riteneva che la missione dei fotogiornalisti fosse quella di dare una visione chiara del mondo, utilizzando il denaro solo come mezzo per rendere visibili situazioni difficili che altrimenti rimarrebbero nell’ombra. Essere fotoreporter, secondo Greene, era una missione che richiedeva di mettersi in gioco, di viaggiare e di affrontare situazioni pericolose al fine di servire il mondo.

Il lavoro di Greene non si è limitato solo ai conflitti e alle crisi umanitarie. Ha documentato anche culture, tradizioni e storie di tutto il mondo, cercando di mostrare la bellezza e la diversità della vita umana. Le sue immagini di vita quotidiana in luoghi lontani sono state altrettanto potenti delle sue foto di guerra, dimostrando la sua versatilità come fotografo.

Stanley Greene è morto il 19 maggio 2017 a Parigi, all’età di 68 anni.

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