Paese: Brasile
Nascita: 1944
Web: www.amazonasimages.com
Instagram: salgadooficial
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Sebastião Ribeiro Salgado Júnior (Aimorés, 8 febbraio 1944) è un fotografo brasiliano. Fotoreporter umanista, è considerato uno tra i maggiori fotografi dei secoli XX e XXI.
Dopo un’infanzia un po’ itinerante, Salgado si è formato come economista, conseguendo un master in economia presso l’Università di San Paolo in Brasile. Ha iniziato a lavorare come economista per l’Organizzazione Internazionale del Caffè, viaggiando spesso in Africa in missione per la Banca Mondiale, quando ha iniziato a scattare. Ha scelto di abbandonare la carriera di economista e di passare alla fotografia nel 1973, lavorando inizialmente su incarichi giornalistici prima di virare maggiormente verso lavori di tipo documentaristico. Nel 1973 realizza un reportage sulla siccità del Sahel, seguito da uno sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1974 entra nell’agenzia Sygma e documenta la rivoluzione in Portogallo e la guerra coloniale in Angola e in Mozambico. Nel 1975 entra a far parte dell’agenzia Gamma ed in seguito, nel 1979, della celebre cooperativa di fotografi Magnum Photos.



Nel 1994 insieme a Lélia Wanick Salgado crea Amazonas Images, una struttura autonoma completamente dedicata al suo lavoro. Salgado si occupa soprattutto di reportage di impianto umanitario e sociale, consacrando mesi, se non addirittura anni, a sviluppare e approfondire tematiche di ampio respiro. Ha viaggiato in oltre 100 paesi per i suoi progetti fotografici. La maggior parte di questi, oltre ad apparire in numerose pubblicazioni di stampa, sono stati presentati anche in libri come Other Americas (1986), Sahel: l’homme en détresse (1986), Sahel: el fin del camino (1988), Workers (1993), Terra (1997), Migrazioni e ritratti (2000) e Africa (2007). Mostre itineranti di questo lavoro sono state e continuano ad essere presentate in tutto il mondo.


Durante i sei anni successivi Salgado realizza un progetto sul lavoro nei settori di base della produzione. Il risultato è La mano dell’uomo, una pubblicazione monumentale di 400 pagine, uscita nel 1993, tradotta in sette lingue e accompagnata da una mostra presentata finora in oltre sessanta musei e luoghi espositivi di tutto il mondo.


Dal 1993 al 1999 Salgado lavora sul tema delle migrazioni umane. I suoi reportages sono pubblicati da molte riviste internazionali. Questo lavoro è presentato nei volumi In Cammino e Ritratti di bambini in cammino.
Tra il 2004 e il 2011, Salgado ha lavorato su “Genesis“, mirando alla presentazione dei volti incontaminati della natura e dell’umanità. É composta di una serie di fotografie di paesaggi e fauna selvatica, nonché di comunità umane che continuano a vivere secondo le loro tradizioni e culture ancestrali.



Nel settembre e ottobre 2007, Salgado ha esposto le sue fotografie di lavoratori del caffè provenienti da India, Guatemala, Etiopia e Brasile presso l’ambasciata brasiliana a Londra. Lo scopo del progetto era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle origini della popolare bevanda.
Nel 2013 Salgado ha dato il suo sostegno alla campagna di Survival International per salvare gli Awá del Brasile, la tribù più minacciata del mondo. Nell’agosto 2013 O Globo ha pubblicato un lungo articolo sulla tribù, corredato dalle sue fotografie.
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Dagli anni ’90 insieme, Lélia e Sebastião, lavorano al ripristino di una piccola parte della Foresta Atlantica in Brasile. Nel 1998 sono riusciti a trasformare questa terra in una riserva naturale e hanno creato l’Instituto Terra. L’istituto è dedicato a una missione di riforestazione, conservazione ed educazione ambientale.

Salgado entra nel mondo della fotografia e subito occupa una posizione di primo piano. Le sue opere si ispirano a quelle dei maestri europei, filtrate però dall’eredità culturale sudamericana. Esse attirano l’attenzione su tematiche scottanti, come i diritti dei lavoratori, la povertà e gli effetti distruttivi dell’economia di mercato nei Paesi in via di sviluppo. Una delle sue raccolte più famose è ambientata nella miniera d’oro della Serra Pelada, in Brasile, e dove migliaia di persone, giunte da tutto il mondo a causa della presenza di filamenti auriferi nel terreno, sono ritratte mentre si arrampicano fuori da un’enorme cava su primitive scale a pioli, costretti, da nessuno se non dalla propria dipendenza nei confronti dell’oro, a caricare sacchi di fango che potrebbero contenere tracce del metallo.
Salgado scattava nel modo tradizionale, usando pellicola fotografica in bianco e nero e una fotocamera da 35 mm: strumenti portatili e poco ingombranti.
All’inizio della realizzazione del progetto Genesis, egli ha calcolato che avrebbe dovuto girare il mondo con 600 rullini di formato 220, con un peso di 30 chili circa di pellicola. Ma con le misure di sicurezza instaurate negli aeroporti di tutto il mondo, in conseguenza degli attentati dell’11 settembre, le pellicole avrebbero dovuto attraversare più volte i rilevatori a raggi X, con perdita di qualità dell’immagine e quindi del vantaggio qualitativo che avrebbe dovuto derivare dall’uso del medio formato. Per tale motivo, il fotografo ha deciso di utilizzare una Canon 1Ds Mark III, da 21 megapixel, riducendo il peso previsto del materiale sensibile, da 30 kg delle pellicole, ad 1,5 kg di schede digitali.