ROBERT DOISNEAU

Paese: Francia
Nascita: 1912 | Morte: † 1994

Robert Doisneau (Gentilly, 14 aprile 1912 – Montrouge, 1º aprile 1994) è stato un fotografo francese. Fu considerato, insieme a Henri Cartier-Bresson, uno degli esponenti del fotogiornalismo e della fotografia umanista. Le sue opere, infatti, furono da sempre concentrate sulla rilevazione delle emozioni dell’uomo, mettendole al centro di ogni scatto.

Fu in grado di immagazzinare momenti quotidiani, rendendoli iconici, veri emblemi della vita parigina, e dando anima a ogni sua sfaccettatura. Il suo scopo fu quello di far uscire atteggiamenti e sensazioni in grado di creare un mondo migliore, un posto dove si sarebbe sentito bene con se stesso e dentro al quale potesse rifugiare la propria fiducia e speranza.

Nasce il 14 aprile del 1912 a Gentilly, un sobborgo di Parigi che segnerà profondamente la sua estetica e il suo modo di guardare le cose.  Ebbe un’infanzia difficile, visto che fu costretto a vivere con una zia poco amorevole, dopo che suo padre morì in servizio durante la prima guerra mondiale, quando Robert aveva solo quattro anni, mentre sua madre morì quando ne aveva solo sette. 

Comincia ad interessarsi alla fotografia quando aveva appena 16 anni. Visto che era terribilmente timido, inizia a scattare foto ai ciottoli prima di passare a soggetti umani. Si diploma come incisore litografo alla scuola di Estienne e inizia a lavorare come disegnatore (artista del lettering) alla fine degli anni venti per lo studio di arti grafiche Atelier Ullman, specializzandosi nella pubblicità per l’industria farmaceutica. In quell’ambito, amplia la sua attività assumendo il ruolo di assistente fotografo e poi fotografo assunto. 

Abbandona lo studio nel 1931 per lavorare come assistente di André Vigneau, un fotografo modernista del tempo. Vende il suo primo racconto fotografico nel 1932, alla rivista Excelsior. Nel 1934, assume il posto di fotografo pubblicitario industriale per la fabbrica di automobili Renault a Boulogne-Billancourt, cosa che aumenta ulteriormente il suo interesse per la fotografia. In quegli anni matura la sua vera vocazione e comincia a fare pratica tra le periferie parigine, nella strada, considerata dall’artista l’unica vera insegnante. Fu licenziato cinque anni più tardi a causa del suo cronico ritardo nel presentarsi al posto di lavoro e si buttò allora nel mondo della pubblicità freelance. Venne anche coinvolto nella forte espansione francese del settore delle cartoline.

Nel 1936, sposò Pierrette Chaumaison ed ebbero due figlie: Annette (nata nel 1942) e Francine (nata nel 1947). In seguito, dal 1979 fino alla sua morte, Annette lavorò come sua assistente. 

Nel 1939 venne assunto dall’agenzia fotografica Rapho, per la quale lavorò per circa cinquant’anni nonostante le successive pressioni di Henri Cartier-Bresson per farlo passare alla sua agenzia, Magnum Photos.

Il lavoro per Rapho lo condusse a viaggiare in tutta la Francia e gli diede anche l’opportunità di scattare le sue prime fotografie di strada da professionista. Lavorò per l’agenzia fino a quando fu arruolato come soldato e fotografo dall’esercito francese durante la Seconda Guerra Mondiale. Terminò il suo obbligo di leva dall’esercito nel 1940. Poi decise di abbandonare momentaneamente la sua carriera di fotografo per potersi unire alla resistenza e donare, così, le sue competenze da litografo per poter falsificare documenti importanti. Si ritrova, in questo periodo, a prestare i suoi servizi a Pierre Betz, editore del giornale Le Point.

Per un breve periodo dopo la guerra, si impegnò nella fotografia freelance e vendette le sue fotografie alle riviste più importanti dell’epoca, tra le quali Life. Nel 1946, tornò all’agenzia Rapho, nello stesso anno vinse il Kodak Prize. Lavorò anche come fotografo a contratto per Vogue nel 1948, ma prediligeva scattare foto di vita reale piuttosto che quelle di moda. 

Nel 1949, pubblicò il suo primo libro avente immagini iconiche sulla vita della capitale francese, una quotidianità non commerciale o basata sull’apparenza, ma semplice, quella che Doisneau avrebbe voluto che fosse: “la Banlieu de Paris”.

© Robert Doisneau, Pont d’Iéna, 1945

Nel 1950, Doisneau scattò una foto di una coppia che si baciava tra le strade trafficate di Parigi. L’immagine fu pubblicata su Life e divenne il suo lavoro più noto; chiamò la foto Le baiser de l’hôtel de ville (Il Bacio presso l’Hôtel de Ville). La coppia non è stata però ritratta per caso: Doisneau stava realizzando un servizio fotografico per la rivista Life, e chiese ai due giovani di posare per lui. Si trattava di Françoise Bornet, una studentessa di teatro, e del suo ragazzo, Jacques Carteaud.

© Robert Doisneau, Le baiser de l’hôtel de ville, Paris, 1950

L’identità della coppia rimase un mistero fino al 1992: in quell’anno, Denise e Jean-Louis Lavergne si presentarono alla televisione francese sostenendo di essere i protagonisti della foto, e denunciando l’artista per averli fotografati senza permesso. Questo portò Doisneau a spiegare che i protagonisti della foto erano in posa, e quindi era stato chiesto loro il permesso e non “sorpresi al volo” (come invece garantì Life ai suoi lettori pubblicando il servizio). A quel punto Françoise Bornet, dopo quarant’anni dallo scatto, tornò dal fotografo. Dimostrò di essere lei la ragazza immortalata mostrando la copia autografata della stampa che Doisneau le aveva inviato all’epoca, pochi giorni dopo averla sviluppata. Françoise vendette poi la stampa nell’aprile del 2005 per 155.000 €.

La moglie di Doisneau morì nel 1993. Sei mesi più tardi, dopo aver avuto un triplice bypass al cuore, Doisneau ebbe un attacco di pancreatite acuta, che condusse alla sua morte, il 1° aprile 1994 a Montrouge, Parigi all’età di 81 anni. E’ sepolto a Raizeux, accanto alla tomba della moglie.

Fu una vera sfida per l’artista quella di dedicarsi completamente alla fotografia e decidere di farne un impiego: laddove fu presente una cultura in cui regnò l’indifferenza, l’ostilità e la poca comprensione nei confronti della fotografia, si fece largo lui, che diede una connotazione del tutto nuova alla professione, cercando di donarle rispetto, dignità e umanità. Fu una delle prime volte in cui questa forma d’arte fu vista al di là del mero scopo commerciale o pubblicitario.

Uno dei tratti distintivi di Doisneau, soprattutto all’inizio della sua carriera, fu quello di rappresentare in foto la cultura dei bambini di strada e dei loro giochi, alla quale riusciva a conferire, nonostante le giovani età dei suoi soggetti, rispetto e serietà. Altre situazioni preferite includevano il romanticismo.

La sua capacità di immergersi totalmente nella realtà, tanto da ricavare da essa dei momenti emozionanti, in grado di rappresentare i sentimenti e gli ideali di un’intera città, di un intero paese, lo hanno reso unico nel suo genere. La sua incredibile sensibilità lo portò sempre a voler comunicare al mondo tutto ciò che riusciva a vedere e a ricavare dai momenti giornalieri. Riuscì a rendere vivo, il mondo che sognò da sempre.

“Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa “vedere” intensamente più di due ore al giorno” Robert Doisneau

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