Paese: Giappone
Nascita: 1938
Web: www.moriyamadaido.com
Daido Moriyama (Ikeda, Osaka, Giappone, 10 ottobre 1938) è un fotografo giapponese, considerato uno dei maggiori esponenti della fotografia di strada (street photography) giapponese.
Tra i lavori per cui è più famoso c’è Eros, pubblicato nel 1969 sulla rivista giapponese Provoke, che mostra le immagini di una notte trascorsa con una amante in una stanza d’albergo.

Le opere di Daido Moriyama sono esposte in musei e gallerie internazionali, fra i quali il Museum of Modern Art di New York, il Metropolitan Museum of Art di New York, il San Francisco Museum of Modern Art, il Getty Museum di Los Angeles, il Museo of Fine Arts di Boston, la Fondation Cartier di Parigi, il Centre Pompidou di Parigi. La sua fotografia è stata più volte premiata, tra i premi egli ha ottenuto il New Artist Award dalla Japan Photo Critics Association nel 1967, il Photographer of the Year Award assegnatogli dalla Photographic Society of Japan nel 1983, il Premio Arte Mainichi nel 2003, il Kulturpreis der Deutschen Gesellschaft fur Photographie e il premio alla carriera dalla Photographic Society of Japan nel 2004, e più recentemente egli è diventato Recipient per il Lifetime Achievement, assegnatogli dall’International Centre of Photography nel 2012.
Nato a Ikeda, Osaka, Giappone, Moriyama studia inizialmente per diventare grafico, prima di rimanere affascinato dal mondo della fotografia e studiare con Takeji Iwamiya. Nel 1961 si trasferisce a Tokyo per unirsi al collettivo di fotografi di VIVO, e diventa assistente di Eikoh Hosoe, occasione che gli permette di ottenere l’accesso al mondo fotografico di Tokyo per poi iniziare, a partire dal 1964, una brillante carriera da freelance.
Nel 1968 produce la raccolta di fotografie Nippon gekijo shashincho, in alto contrasto, in cui si concentra su un mondo ormai contaminato dall’industria. In questo stesso periodo inizia a far parte della rivista Provoke (rivista di culto nell’ambiente della cultura della contestazione), richiamando l’attenzione di giovani artisti (la maggior parte dei quali sono fotografi) con due serie, l’una scattata in un love hotel e l’altra in un drugstore ad Aoyama, durante dei disordini tra polizia e contestatori. Tra gli anni Sessanta e Settanta produce i suoi lavori fotografici più famosi, “Japan: a photo theater”, “Scandal”, “Pantomime”, “Accident”, “Farewell photography”, “Hunter”.

Oltre a Provoke, in seguito, Moriyama contribuisce anche ad altre riviste, come Camera Mainichi, Asahi Journal e Asahi Camera.
Le sue collezioni fotografiche sono numerose e comprendono “Hikari”, “Karyudo” e “Nakaji eno tabi”.

Negli anni Settanta, Moriyama riscontra problemi personali e, per questa ragione, non è più produttivo come negli anni precedenti. Soltanto nei primi anni Ottanta riprende la sua attività con maggiore costanza e ottiene persino il premio del fotografo dell’anno dalla “Shashin Kyokai” (Società di Fotografia).

Negli anni Novanta arriva il successo internazionale, che porterà la sua opera in gallerie musei di tutto il mondo
Moriyama vive e lavora a Tokyo.
Il vero nome di Moriyama è in realtà Hiromichi, che nella lingua giapponese è composto da due caratteri: hiro, ovvero “ampio”, e michi, che significa “strada”. I critici ritengono pertanto che il destino di questo artista sia stato scritto fin dalla nascita: il suo atteggiamento nei confronti della realtà delle grandi città – in particolare Tokyo – ha seguito un’evoluzione che ha determinato il suo stile, divenuto poi il suo marchio di fabbrica.
Lo stile di Moriyama viene definito inconsueto e provocatorio, soprattutto dopo la sua esperienza con la rivista Provoke, che negli anni Sessanta denunciava una realtà che veniva spesso occultata. Anche dopo i suoi settant’anni d’età, egli condivide ancora la stessa inclinazione a registrare i lati oscuri del mondo come faceva nelle sue prime fotografie, scattate durante la drammatica trasformazione del dopo-guerra giapponese, con l’intento di evocare pensieri ed emozioni nuove.
Servendosi di una fotocamera automatica, cattura la realtà mettendola a nudo ed evidenziando i suoi aspetti più tragici e nascosti. I suoi scatti sono spesso sfocati, graffiati, dinamici e dunque privi di compostezza e caratterizzati da un forte contrasto, che emerge nell’utilizzo del bianco e nero.
Daido Moriyama © Tights and Lips, 2011 Daido Moriyama © Tights and Lips, 2011 Daido Moriyama © Tights and Lips, 2011
In un’intervista pubblicata su Aperture nel 2012, Moriyama sostiene che non c’è molta differenza tra la fotografia a colori e quella in bianco e nero, nonostante preferisca in modo evidente la seconda. Dal suo punto di vista infatti, ciò che realmente rende le fotografie interessanti non è il colore, ma la macchina fotografica digitale:
«Con le macchine fotografiche a pellicola la tua scelta viene fatta quando la pellicola viene caricata. Con quella digitale, invece, ciò che viene scattato a colori può essere trasformato in bianco e nero. Quindi per quanto mi riguarda, scatto a colori.[…] la fotografia in bianco e nero ha un che di erotico per me, in senso ampio. Il colore non ha la stessa carica erotica. Non ha molto a che fare con quello che viene fotografato; in qualsiasi immagine in bianco e nero c’è una certa varietà di erotismo. Se sono fuori a vagabondare e vedo fotografie appese alle pareti di un ristorante, ad esempio, che sono in bianco e nero, ho una fitta! È davvero una risposta viscerale. Non ho ancora visto una fotografia a colori che mi abbia fatto venire i brividi. Questa è la differenza tra le due cose.»
Moriyama si definisce un viaggiatore solitario, e lui stesso racconta di aver trovato ispirazione per il suo lavoro nel libro “Sulla strada”, dello scrittore americano Jack Kerouac:
«In quegli anni leggevo molti libri e molte cose mi colpivano, ero estremamente ricettivo e aperto. Kerouac aveva il dono di riuscire a trasmettere immagini fotografiche dei suoi viaggi attraverso la macchina da scrivere: questa sua capacità ha influenzato e condizionato il cammino che poi ho intrapreso. Quel che mi colpì molto di “On the Road” furono il tema della libertà e del vagabondaggio: il fatto di viaggiare per il gusto di farlo, senza una meta precisa. La realtà del viaggio è quel che io vivo spostandomi, non tanto un luogo dove arrivare.»
Fra gli altri fotografi da cui Moriyama prese ispirazione, figurano Eikoh Hosoe, Eugène Atget, Weegee e William Klein, che, come lui, condividono una particolare attenzione verso le dinamiche della vita di città.